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38 - Cambiare modello di sviluppo. Le sfide della cooperazione

Postato il 04 Marzo, 2015 da Andrea Bernardoni

logo Stiamo attraversando anni turbolenti, ricchi di profondi e radicali cambiamenti. Trasformazioni ambientali, demografiche, tecnologiche, politiche, sociali, economiche stanno modificando le vite di milioni di persone. Queste trasformazioni in corso da diversi decenni hanno subito una forte accelerazione con la crisi globale.
In questo processo la crisi finanziaria ha interessato l’economia reale, toccando la vita dei cittadini e le scelte delle imprese. A distanza di anni dall’inizio della crisi, in particolar modo in Europa, le conseguenze reali sono evidenti: la crescita economica è lenta; le imprese chiudono; i lavoratori perdono il lavoro; aumentano i disoccupati; si riduce il tasso di attività della popolazione; crescono i poveri e si ampliano le diseguaglianze economiche e sociali.

Appare evidente che la crisi che stiamo attraversando non è congiunturale ma strutturale. Non è solo una crisi finanziaria che ha avuto conseguenze reali ma rappresenta una crisi sistemica che interessa le principali determinanti del modello di sviluppo affermatosi negli ultimi decenni su scala globale. Un modello fondato sulla combinazione di innovazione tecnologica ed apertura dei mercati (finanziari e non) che in 30 anni ha prodotto una radicale trasformazione della società e del sistema economico.
Dopo i decenni della “grande espansione” siamo entrati negli anni della “grande recessione”. La crisi ha reso evidente che l’attuale modello di sviluppo non è più replicabile all’infinito, la crescita non potrà più essere illimitata. Non è realisticamente immaginabile, per i paesi avanzati, riprendere dinamiche di sviluppo analoghe a quelle pre-crisi. Come ha avuto modo di affermare anche il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco diviene centrale la ricerca di un “nuovo” modello di sviluppo.

Chiari sono i limiti ambientali, sociali e finanziari alla crescita economica. Gli effetti della crescita economica sull’ecosistema sono sempre più evidenti ed irreversibili (basti pensare alle conseguenze del riscaldamento della terra su miliardi di persone, a solo titolo di esempio il 2014 è stato l’anno più caldo da quando sono rilevate le temperature); negli anni della crisi è cresciuto il livello delle diseguaglianze nelle economie avanzate ed anche nei paesi che hanno ripreso il sentiero della cerscita economica come gli Stati Uniti i redditi sono maggiormente polarizzati; l’economia finanziaria è oramai totalmente scollegata dall’economia reale e, anche dopo la crisi del 2007, continua ad avere un peso sempre maggior rispetto all’economia reale.

Partendo da queste riflessioni è necessario costruire un nuovo modello di sviluppo non più fondato sulla finanza, sul debito e sull’espansione dei consumi  ma capace di integrare la produzione del valore economico, sociale ed ambientale. Un modello di sviluppo che non insegua una crescita “insensata”, cioè priva di senso, ma capace di mettere al centro la sostenibilità ambientale e sociale delle comunità ed il benessere delle persone.
In questo contesto la cooperazione può promuovere e sperimentare una nuova economia fondata sul coinvolgimento e sulla partecipazione democratica dei cittadini, dei lavoratori e degli utenti dei servizi pubblici locali e dei servizi di welfare.
Una nuova economia in cui  le imprese sono radicate nel territorio e valorizzano le risorse di cui il territorio dispone, a partire dalle competenze dei lavoratori;  in cui i cittadini svolgono un ruolo centrale nella gestione degli asset comunitari, dei beni comuni e dei servizi pubblici locali; in cui si sperimentino nuove forme di risposta collettiva (ma non pubblica) ai bisogni sociali.

La cooperazione può svolgere una funzione fondamentale nel rinnovamento delle istituzioni economiche e di quelle politiche promuovendo la diffusione di “nuovi modelli” di produzione del valore aperti e partecipati capaci di rompere il duopolio Pubblico-Privato, Stato-Mercato, che ha caratterizzato la storia economica del secolo scorso:
1.      Nuovi modelli di welfare fondati sul coinvolgimento degli utenti e delle persone disabili in cui si sperimentano risposte collettive (ma non pubbliche) ai bisogni sociali dei cittadini.
2.      Nuovi modelli di sviluppo locale partecipato fondati sulla valorizzazione delle risorse del territorio e sul coinvolgimento dei cittadini.
3.      Nuovi modelli di rigenerazione urbana fondati sul coinvolgimento dei cittadini nel recupero architettonico, sociale ed economico di luoghi importanti delle città.
4.      Nuovi modelli di partecipazione democratica dei cittadini nella gestione dei servizi pubblici locali, sperimentando una modalità di gestione alternativa alla gestione pubblica ed alla gestione privata assegnata alle società di capitali.
In tutti questi ambiti vi sono delle “buone pratiche cooperative” che da anni o da decenni stanno realizzando, su piccola scala, una “nuova economia”. Queste esperienze dovrebbero essere studiate con maggiore intensità e continuità, divenendo la base empirica di un nuovo modello di sviluppo.

Andrea Bernardoni


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