Home » La Rivista » Dettaglio Articolo

35 - Legacoop come movimento d’imprese e il “caso 29 giugno”

Postato il 11 Dicembre, 2014 da Giuliano Nicolini

logoLe vicende connesse alla cooperativa romana “29 Giugno” hanno aperto una discussione confusa e un po’ concitata su temi che riguardano – anche - ruolo e funzioni di Legacoop. Il tutto proprio in dirittura d’arrivo dei lavori congressuali…. Qualcuno poi si è stupito che casi analoghi che hanno coinvolto imprese di capitale iscritte a Confindustria non abbiano portato sulla prima pagina dei giornali la principale associazione imprenditoriale italiana. In realtà quasi mai Confindustria viene direttamente o indirettamente tirata in ballo in casi simili che riguardano suoi associati.

La ragione è storicamente chiara e funzionalmente evidente, e sta nella profonda differenza delle logiche associative proprie delle due strutture. Legacoop è un movimento d’imprese, Confindustria è un sindacato d’imprese.  In quanto movimento d’imprese, Legacoop ha funzioni e obiettivi parzialmente diversi da tutte le altre associazioni di rappresentanza italiane (comprese quelle dell’agricoltura, del commercio e dell’artigianato). Essere movimento d’imprese significa tradurre in concreto - non solo nell’economia ma anche nella società - visioni di tipo politico e ideale. In estrema sintesi, attraverso l’adesione a Legacoop, una cooperativa sostiene una visione ideale che proietta nel mondo dell’economia un sistema di valori più ampio, che si rifà ai principi dell’Alleanza Cooperativa Internazionale, come ad esempio democrazia, uguaglianza, solidarietà, educazione cooperativa.

La realizzazione concreta di tali aspirazioni non può essere assolta dalle sole imprese, ma diviene funzione di movimento, ed in quanto tale assegnata alle strutture associative, le quali svolgono in tal senso una “meta-funzione” di tipo pedagogico. E, sempre perché movimento di imprese, spetta alle strutture associative la funzione di controllo sul rispetto dei valori e dei principi cooperativi da parte delle associate (che non può essere limitata alla sola funzione di vigilanza prevista dalla normativa). Chi entra a far parte del movimento cooperativo si “lega” alle altre cooperative, nel bene e nel male.

E – coerentemente con l’identità di movimento - l’associazione svolge funzioni diverse da quelle dei sindacati d’impresa tipo Confindustria: si va dalla promozione di nuove cooperative alla creazione di strutture consortili, dalla formazione e scelta dei gruppi dirigenti alla promozione di fusioni e aggregazioni, all’intervento diretto in caso di crisi. Alcune di queste funzioni si sono fortemente modificate nel corso del tempo, sia a causa dei cambiamenti intercorsi nella società e nel sistema dei partiti, sia a causa del maggior peso assunto dalle cooperative di maggior dimensione, sempre meno legate all’associazione e sempre più pronte a rivendicare la propria autonomia (salvo ricercare l’aiuto del movimento quando le cose si mettono male …).

La vicenda della “29 Giugno” ha messo in luce quanto l’immagine e l’identità delle cooperative aderenti a Legacoop siano fortemente intrecciate fra loro, mentre non altrettanto saldi sono i sistemi di controllo e selezione. Per evitare che i comportamenti negativi di pochi ricadano sugli altri, ogni tanto qualcuno propone di trasformare Legacoop in un sindacato d’impresa sul modello confindustriale. Al momento tale passaggio appare impraticabile in tempi brevi e, probabilmente, privo di logica. Non solo perché sono diverse le matrici valorali e culturali, ma anche perché gran parte delle imprese cooperative ancora crede ed esige che la funzione di “movimento d’imprese” venga assolta in modo efficace e professionale.

Appaiono quindi da rivedere, e con urgenza, i sistemi di verifica e controllo sulle associate e, di conseguenza, anche i meccanismi di selezione, formazione e sviluppo dei funzionari e dei dirigenti associativi preposti a tale funzione. Tale revisione richiede – tra l’altro - un investimento che va a incidere sulla gestione dei flussi finanziari all’interno del “movimento Legacoop”, troppo condizionata da logiche di appartenenza, burocratiche o extra-associative (come la gestione Unipol).

Giuliano Nicolini

@nicknameg



La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: www.fondazionebarberini.it

4 Commenti
  1. Lanfranco Turci on 16/12/14

    Trovo molto condivisibile l'articolo di Nicolini, come gli interventi di Giordani e Zanottii. Mi domando se questi temi saranno davvero discussi nel congresso che dovrebbe essersi aperto oggi. La botta della 29 giugno è peggio di quella del Mose e delle tante altre vicende che vedono coinvolte imprese cooperative. Fino a quando si faranno orecchie da mercante e si avrà paura di scomodare i poteri forti interni non si andrà da nessuna parte e continuerà a scadere l'immagine e il ruolo del movimento cooperativo. Ho letto una bella intervista del Presidente della Lega nazionale su Il Manifesto di Sabato 13 dic. Vorrei capire se si aprirà una vera battaglia politica dentro la Lega e dove sono le forze per combatterla

  2. Giuliano Nicolini on 16/12/14

    Riprendo le riflessioni di Mauro Giordani e Antonio Zanotti - che condivido - per sottolineare tre punti che, temo, il Congresso Legacoop non affronterà o liquiderà sbrigativamente, dato che nei lavori preparatori si è parlato di tutt’altro (lotta alle cooperative spurie, ACI, etc.). Un primo punto - già liquidato come irrilevante da Legacoop ma non da Confcooperative - rimane quello relativo alla dimensione dell’impresa cooperativa e all’influenza che questa variabile esercita sulla vita associativa. In Legacoop esistono da tempo due universi, uno (quello formato da tutte le cooperative aderenti) si trova a Roma in questi giorni, l’altro (quello formato dalle cooperative di maggiori dimensioni) il congresso lo fa più volte l’anno in via Stalingrado 45 a Bologna. Un secondo punto - teoricamente già risolto da tempo ma in realtà mai superato – è quello del governo dell’associazione, ovvero della dicotomia eletti VS funzionari. La presenza di situazioni differenziate crea ambiguità e asimmetrie all’interno del sistema associativo. Un terzo punto infine è quello della crisi finanziaria dell’associazione, che può portarla ad allentare il rigore del controllo sugli associati in cambio di maggiori contributi associativi e più peso politico. Tale controllo – lo so per esperienza personale – in alcune parti d’Italia non è formale e non si limita a "barrare crocette ogni due anni". Col risultato che più lo si fa seriamente più si rischia di perdere associati. È il bello dell’associazionismo cooperativo italiano!

  3. Antonio Zanotti on 15/12/14

    Le Associazioni di rappresentanza delle cooperative hanno per legge un compito non asseganto alle altre Associazioni: quello della vigilanza sulle associate. Oggi questo compito è svolto piuttosto formalmemnte con verbali da riempire con crocette ogni due anni! Forse è venuto il momento di chiedersi se la vigilanza (al meno così come svolta) abbia o meno ragione di essere. L'altra questione concerne la governace. Da tempo sostengo che la questione è stata affrontata in modo sostenzialmente retorico (vedere il mio intervento su questo sito - 23). Se fosse vero che non tutti i mali vengono per nuocere, spero che la vicenda 29 giugno ci porti a maggiore concretezza su questi temi!

  4. Mauro Giordani on 14/12/14

    L'articolo propone alla riflessione e, speriamo, alla discussione due temi mai risolti all'interno del Mondo cooperativo: l'Associazione come organismo di controllo ( oltre che di lobby) il secondo la governance associativa come espressione dei soli vertici delle cooperative associate. Il primo tema ha visto, negli anni, una sorta di tiro alla fune che tendeva a spostare l'equilibrio verso il sindacato d'impresa, in coerenza con lo stemperarsi sempre di più dell'attenzione a principi e valori dentro le cooperative. La conseguenza è stata il crollo della partecipazione laddove i due aspetti crescita dell'impresa e crescita della consapevolezza della diversità non sono andate di pari passo. Si è generata una frattura nel corpo delle Associazioni: cooperative che continuano a sentirsi parte di un movimento e cooperative che hanno mutuato altri modelli salvo alcuni riferimenti valoriali comuni. Questa dicotomia d'ordine culturale ha impedito di strutturare Legacoop per esercitare un ruolo di controllo sulle pratiche delle cooperative che possono incidere in modo tremendamente negativo sulla reputazione del Movimento cooperativo. Reputazione che, ancora una volta si è visto, è una e una sola. La mancanza di voice delle "basi sociali" negli organi Associativi, il secondo tema (ineccepibile per molti versi sotto il profilo istituzionale, dato che Legacoop non è la Lega dei cooperatori ma delle cooperative) non ha permesso di utilizzare nella Associazione, sede di massima responsabilità "politica" l'esercizio della responsabilità dei soci con la loro partecipazione , meccanismo attraverso il quale si sostanzia la sovranità. Che, ricordiamolo è dei soci e di nessun altro. C'è molto da fare e spero che al XXXI Congresso se ne discuta.

Lascia il tuo commento