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31 - World Wide We - La cooperazione è già internazionale

Postato il 24 Novembre, 2014 da Chiara Bertelli

logoOggi è sempre più frequente ascoltare interventi e leggere documenti che invocano misure di  internazionalizzazione delle imprese, che indicano nei fondi europei le uniche risorse pubbliche perché quelle nazionali sono finite, che invitano le imprese a ricercare nuovi canali commerciali all'estero perché in Italia i consumi delle famiglie e le commesse pubbliche e private si riducono sempre più. L'estero pare essere diventato il nuovo Eldorado.

E' così? Guardare alla dimensione internazionale solo come una via di fuga da una situazione stagnante, rincorrendo bandi e società di consulenza che promettono in poco tempo l'accesso sui mercati internazionali è una logica corretta? Non molto, a quanto pare, guardando ai risultati.

Le imprese che internazionalizzano con successo, oggi, sono o quelle che lo fanno da decine di anni o le nuove imprese che nascono già su mercati internazionali. I rappresentanti italiani ai tavoli di concertazione europei ci dicono che l'Italia è molto spesso assente, sia nell'attività di lobby che nella progettazione. In pratica, portiamo a casa meno risorse di quelle che versiamo.

La dimensione internazionale è oggi troppo spesso vissuta con un'ottica opportunistica, in molti casi da soggetti e organizzazioni che non la conoscono, perché non l'hanno mai praticata. Ancora peggio, l'Unione Europea è vissuta dalle organizzazioni italiane molto spesso come un luogo lontano, in cui mandare politici dalla carriera incerta, a trascorrere gli ultimi anni prima della pensione.

Anche le organizzazioni cooperative non sono immuni dalla logica dell'internazionalizzazione “tout de suite”. Spesso fanno ricadere su un unico funzionario il presidio delle relazioni internazionali, delle politiche di internazionalizzazione e della programmazione europea. Tre ambiti diversi, che, nonostante la professionalità di coloro che se ne occupano, rischiano in questo modo di non essere sufficientemente presidiati.

La sensazione è che chi governa le istituzioni e le organizzazioni di rappresentanza in Italia, oggi, sia ancora troppo italiano e molto poco europeo (sicuramente non cittadino del mondo).


C'è però una generazione di Italiani che ha cominciato a considerare l'Europa la dimensione minima in cui agire, a livello economico, ma anche sociale e lavorativo. Non come ultima spiaggia dopo averle provate tutte nel Belpaese, ma come ambito naturale. E' la generazione che per prima ha avuto l'opportunità di studiare all'estero, di fare esperienze di mobilità internazionale, di viaggiare tra i paesi europei senza altri documenti che non fossero la carta d'identità e senza dover cambiare moneta. Da quel momento in poi, i nuovi cittadini italiani sono  sempre più “nuovi cittadini europei”.


E' con questo spirito che Generazioni Emilia – Romagna ha dedicato gli ultimi due anni di attività alla “prospettiva internazionale”, ricavandone considerazioni, analisi e, soprattutto, progetti.

Facciamo un passo indietro.

Pochi mesi dopo dalla costituzione del network emiliano-romagnolo dei cooperatori under 40, in una nutrita delegazione rigorosamente autofinanziata, siamo andati ad incontrare i colleghi inglesi, a Rochdale; l'anno dopo quelli baschi, a Mondragon, poi a Bruxelles, al Parlamento europeo, poi di nuovo a Manchester, per l'Expo di chiusura dell'Anno internazionale delle cooperative.

Qualcuno ha poi proseguito il viaggio oltre oceano, o addirittura ha preso casa a Bruxelles (perché, in effetti, il nostro non è un Paese troppo accogliente per i giovani di buona volontà).

Proprio durante il nostro ultimo viaggio a Manchester, entusiasti dell'esperienza che ci ha consentito di vedere, conoscere e stringere relazioni con colleghi da ogni parte del mondo,  abbiamo cominciato a cercare un modo per continuare ad avere contatti, scambiare esperienze e progettare oltre confine. Un modo non estemporaneo, ma strutturato, una strada che fosse cooperativa e non competitiva.

Da queste riflessioni è nata la nostra assemblea del 2013, “World Wide We – la cooperazione è già internazionale” in cui abbiamo approfondito con alcuni esperti il tema dell'internazionalizzazione, quello della programmazione europea 2014-2020 e abbiamo discusso di reti e partnership internazionali in tre diversi gruppi di lavoro. Ne abbiamo ricavato utili indicazioni che abbiamo riportato in un “vademecum del giovane cooperatore internazionale”, che vuole essere uno stimolo a ragionare in maniera ampia di mercato allargato, con la raccomandazione di farlo con una logica di sviluppo e non di sopravvivenza, utilizzando strumenti propri e soprattutto competenze. Per chi volesse approfondire lo abbiamo pubblicato qui http://generazioni.coop/giovani_cooperatori_e_internazionali.html.


Ma, soprattutto, ci siamo resi conto che quella strada cooperativa all'internazionalizzazione esiste già. E' la rete mondiale delle cooperative. I nodi della rete siamo noi cooperatori.

Sul sito dell'International Co-operative Alliance ci sono i riferimenti di ognuna delle 272 organizzazioni di rappresentanza della cooperazione, presenti in 100 paesi, suddivise per continente, stato e tipologia di organizzazione.

E' una rete ben individuabile, e soprattutto solida, perché si fonda sull'adesione a principi e valori comuni, che sono gli tessi dal 1844. I network di livello internazionale più recenti, che promuovono innovazione e sviluppo, si basano sulla condivisione dei valori, più che su obiettivi di business. Pensiamo alla rete degli Impact Hub, ad esempio.

Purtroppo le singole cooperative hanno scarsa percezione dell'esistenza del network cooperativo internazionale. Il motivo, in parte, è quello che si diceva in premessa. Come gli italiani investono poco sul livello europeo, perché lo percepiscono come lontano, allo stesso modo le organizzazioni che associano le cooperative, non solo in Italia, dedicano scarsa attenzione (cioè poche risorse, umane e materiali) alla rappresentanza oltre frontiera. Le associazioni settoriali, così come le federazioni hanno invece un ruolo importante, in particolare nella concertazione e nell'attività di lobby a livello europeo.


Noi, che siamo forse i primi di quella generazione che ha sperimentato la “cittadinanza europea”, abbiamo deciso di provare a fare la nostra parte, senza presunzione, ma con entusiasmo. Abbiamo deciso di attivarci, come nodi della rete, per dare il nostro contributo allo sviluppo della cooperazione internazionale, intesa come la capacità delle cooperative di fare rete e attivare processi di sviluppo, proprio a partire dalla condivisione di principi e valori. Da Generazioni Emilia-Romagna è partito quindi un tavolo di lavoro nazionale, che recentemente ha coinvolto anche i giovani cooperatori di Confcooperative, che si pone l'obiettivo di promuovere, proprio a partire dall'esperienza di Generazioni, il primo network europeo dei giovani cooperatori.

Abbiamo organizzato la nostra ultima assemblea, il 2 ottobre scorso, alla presenza di Pauline Green, la Presidente dell'International Co-operative Alliance, di Mirko Nodari, che per Cooperatives Europe si occupa di comunicazione e politiche giovanili e del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli affari esteri, Sandro Gozi, per cominciare a ragionare insieme di temi, obiettivi e percorsi. Voleva essere un momento di confronto, non ancora operativo. E' diventato il momento di lancio della rete, che sta già raccogliendo adesioni in Francia, Inghilterra, Germania e in altri paesi con una forte presenza cooperativa.

Nei prossimi mesi lavoreremo in parallelo sull'organizzazione della rete (abbiamo già due appuntamenti fissati, in occasione dell'Assemblea di Cooperatives Europe ad aprile e in occasione dell'Expo, nella settimana di protagonismo dell'Emilia-Romagna a settembre) e sull'impostazione di temi e contenuti, anche attraverso la partecipazione ai bandi europei.


Come racconta Andrea, che con altri giovani ha fondato una cooperativa che sviluppa progetti di mobilità internazionale, “fu Ivano Barberini a consigliarci, come nuova, giovane cooperativa, di allargare la nostra rete all'estero, contattando direttamente altre cooperative che potessero essere nostri partner nei progetti di sviluppo. E aveva ragione. Non c'è stato bisogno di lunghe ricerche e presentazioni. E' bastato essere cooperatori”.


Non aveva detto loro, sicuramente perché lo dava per scontato, che bisogna anche essere preparati e competenti ed utilizzare gli strumenti giusti.

Insomma, bisogna prima di tutto investire sulla cultura europea, sulla rappresentanza negli organismi internazionali, sugli strumenti appropriati e idonei ad affrontare percorsi difficili e spesso rischiosi. Sapendo che esiste già una rete mondiale, di cui tutti noi facciamo parte.

Chiara Bertelli


La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: www.fondazionebarberini.it

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