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30 - Una declinazione del cambiamento

Postato il 24 Novembre, 2014 da Dora Iacobelli

logoLa parola che si sente ripetere di più in questa fase di dibattito congressuale all’interno di Legacoop è cambiamento.

In realtà sono diversi gli ambiti in cui  si avverte l’esigenza di un passo diverso. E cambiamenti sono già in atto e misurabili a cominciare da come  intendere la rappresentanza. Qui un’accelerazione importante al cambiamento è stata impressa dal processo di costituzione dell’Alleanza delle Cooperative Italiane. E’ stato avviato un percorso che porterà a ridefinire l’identità del sistema cooperativo italiano, che non sarà la somma delle caratteristiche delle tre organizzazioni cooperative preesistenti, ma una sintesi superiore, più capace  di rispondere ai bisogni delle imprese associate e delle comunità.

Si tratta di formule organizzative più snelle, di una rete di servizi più efficaci,  della promozione in settori di attività nuovi, di una più lungimirante capacità di fare lobby ecc.

La concentrazione della rappresentanza, in un momento di crisi come quello che stiamo attraversando, aiuta, tra l’altro, a comunicare meglio il ruolo ed il contributo del modello cooperativo nella difesa del lavoro e nella promozione di nuove opportunità di lavoro.

Ma anche il sistema cooperativo, soprattutto in alcuni settori, evidenzia la necessità di un proprio riposizionamento. Per questo, accanto alla inevitabile esigenza di risorse finanziarie,  oggi più che mai si avverte quella di competenze e della valorizzazione del capitale umano disponibile.

E da questo punto  di vista il cambiamento che si reclama con più forza e’ quello legato al ricambio generazionale, all’immissione e alla valorizzazione di risorse umane fresche e formate.

Sempre nella logica della centralità delle risorse umane, assume un rilievo diverso dal passato la necessità di  valorizzare il lavoro femminile.

Nelle nostre imprese sono donne più del 50% degli occupati. Ci sono settori in cui questa incidenza è molto più alta, come quello delle cooperative sociali, delle cooperative di servizi, delle cooperative di consumo. Questa presenza massiccia non si traduce, a parte il settore sociale, in una adeguata presenza nei ruoli apicali delle imprese e dell’organizzazione e nella rappresentanza.

Diverse imprese cooperative hanno adottato buone pratiche per migliorare le condizioni di lavoro delle donne, per facilitarne l’equilibrio, la conciliazione, come ormai stancamente si chiama ancora questa pratica, tra vita lavorativa e vita privata ( sarebbe meglio ormai parlare di condivisione).. Molto spesso, però, sono strumenti che “aiutano” le donne nel loro tradizionale lavoro di cura, ma non forniscono soluzioni per la loro realizzazione personale, a partire da quella professionale. L’ottica di genere dovrebbe entrare più strutturalmente nell’organizzazione delle imprese (nella selezione, nella formazione, nella costruzione dei percorsi di carriera, nella gestione degli organi decisionali – riunioni degli esecutivi, dei CdA ecc.)

E allora il cambiamento vero che dia prospettiva al bagaglio prezioso di competenze, di sensibilità, di saper fare delle donne della cooperazione passa a mio avviso da un profondo cambiamento culturale nei gruppi dirigenti, uomini e donne, che porti alla convinzione che il contributo femminile, come dimostrato ormai da tanti studi al riguardo, aumenta la competitività delle imprese. E in un periodo in cui è necessario ripensare la presenza sul mercato di interi settori questo contributo potrebbe risultare determinante.

Credo che la prossima assise congressuale dovrebbe fissare alcuni punti fermi per facilitare questo cambio di passo.

Innanzitutto è opportuno dare sempre maggiore visibilità alle buone pratiche delle imprese che hanno già realizzato percorsi di riequilibrio di genere, anche attraverso premialità. L’emulazione è, infatti, una efficace spinta al miglioramento.

Inoltre, va attivato un puntuale monitoraggio dei rinnovi dei CdA delle imprese sollecitando il ricambio generazionale e di genere. Questo anche predisponendo raccolte di curricula e di profili di donne che hanno i requisiti per entrarci.

Infine, continuiamo a fissare quote, che non piacciono alla maggior parte delle donne, ma che sono ancora indispensabili per ottenere risultati in tempi rapidi,  massime o minime di presenza di genere negli organismi di direzione dell’organizzazione.

Non di minore importanza è inoltre il sostegno da assicurare all’imprenditoria femminile cooperativa. Le cooperative femminili rappresentano circa il 22% del totale delle cooperative associate all’Alleanza, sono imprese relativamente più giovani e dinamiche delle altre, nascono spesso in settori nuovi rispetto alla tradizione cooperativa.

Importanti misure e strumenti sono stati messi a punto negli ultimi anni a favore dell’imprenditoria femminile in generale in Italia, dalla Sezione specializzata del Fondo nazionale di Garanzia per le piccole e medie imprese al protocollo ABI per il credito a questo segmento di imprese. Gli organismi di parità dell’Alleanza, a questo proposito, hanno promosso la pubblicazione di un Vademecum per l’accompagnamento delle cooperative femminili ai prodotti e servizi offerti dalla strumentazione di sistema.

E le banche del circuito dell’Alleanza stanno destinando plafond di risorse agevolate alle cooperative femminili, aderendo al protocollo ABI. E’ recente la notizia della destinazione di 10 milioni di euro da parte di Unipolbanca.

Insomma il cambiamento della cooperazione in Italia sarà misurato anche dal ruolo che negli assetti futuri verrà riconosciuto alle donne.


Dora Iacobelli


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