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29 - Dalla funzione sociale alla governance multi-stakeholder delle cooperative

Postato il 24 Novembre, 2014 da Sara Depedri

logoParlare di governance delle imprese cooperative significa di certo toccare uno dei pilastri della loro natura. Significa capire quali soggetti appartengono all’impresa, ne decidono gli obiettivi, ne controllano i processi e ne gestiscono in generale l’attività. Significa anche comprendere gli obiettivi che accomunano le singole persone e fanno loro decidere di aggregarsi secondo modelli democratici e partecipativi per il raggiungimento di una mission comune. Tipicamente, le imprese cooperative sono state studiate ed analizzate come modelli proprietari single-stakeholder, ovvero la cui base sociale è appunto composta da una singola tipologia di quelli che si chiamano i ‘portatori di interesse’ dell’organizzazione: lavoratori, o consumatori, o produttori. Soggetti quindi con un bisogno ben identificabile ed omogeneo riconoscibile caso per caso nella tutela del lavoro e del proprio stipendio, nella possibilità di acquistare beni a prezzo più contenuto e di maggiore qualità, nella necessità di superare il potere di mercato dei grossisti, e così via.

Ma a ben guardare, già tra i principi cooperativi e nel riconoscimento legislativo alle cooperative è assegnato anche un ruolo decisamente più esteso di quello mutualistico: una funzione sociale. Definire la funzione sociale non è semplice, date le contraddizioni di termini e l’evoluzione di questo concetto nel tempo. Da una rivisitazione storica 1, emerge come la funzione sociale iniziale della cooperazione sia stata riconosciuta nel concorrere ad emancipare i poveri da una situazione di strutturale miseria; tale funzione si sia poi convertita (causa le crescenti difficoltà di fine ottocento) nel più generico obiettivo di fronteggiare la crisi; per giungere dopo la seconda guerra mondiale alla capacità di concorrere a costruire una società democratica. Questa ultima visione trova un forte legame con gli articoli della Costituzione, che riconoscono la funzione sociale delle cooperative a carattere di mutualità e senza finalità lucrative (art.45) ma che rammentano anche che il godimento della proprietà può essere vincolato alla sua funzione sociale (art.42). La funzione sociale moderna delle cooperative sta tuttavia assumendo sfaccettature ancora diverse. Alcuni studiosi la interpretano come l’impatto generato dalla cooperativa come agente dello sviluppo economico e sociale del territorio in cui opera, data anche la rilevanza di diverse funzioni (occupazionali, di inclusione, di rilancio di alcune aree…) a seconda del territorio e della legge regionale di riferimento 2. Alcuni la individuano nella “mutualità allargata” intendendo la stessa come la generazione di benefici ad un gruppo esteso di utenti e di esternalità positive per la comunità. In generale la funzione sociale moderna delle cooperative può essere ricercata nel recupero del rapporto e del legame con il territorio e nel soddisfacimento dei bisogni dello stesso. Comunque si declini, la funzione sociale è quindi in sintesi estesa; essa va oltre i confini dell’impatto sui soci e dell’interesse dei soci. E ciò genera una serie di vantaggi ed evoluzioni nella cooperativa e nella sua modalità di gestione.

Ciò che i dati e l’analisi del settore cooperativo dimostrano è, infatti, la nascita di cooperative che inseriscono la funzione sociale e l’interesse della comunità come proprio obiettivo principale. Gli esempi che se ne possono fare sono numerosi. La cooperazione produce servizi socio-assistenziali ed educativi, attraverso le sue 13mila cooperative sociali, rivolgendosi a fasce di utenti deboli o a soggetti svantaggiati e coinvolgendo nella base sociale e nell’attività migliaia di lavoratori, volontari, utenti. Le cooperative di utenza tornano ad essere un fenomeno di estrema attualità, producendo soprattutto nei territori più isolati, ma con esempi ormai anche di rilevanza nazionale, energia elettrica e altre forniture. Le cooperative di consumo dislocate nelle valli rappresentano spesso per le comunità locali l’unico punto vendita di generi di prima necessità e vedono la partecipazione attiva alla loro base sociale della quasi totalità della cittadinanza. Cooperative di comunità si stanno diffondendo nella penisola per gestire beni in disuso, recuperare patrimoni e promuovere la rigenerazione urbana, realizzare servizi di interesse generale e sociale, far rivivere i propri territori.

Se gli esempi concreti parlano di una cittadinanza che sempre più attivamente si rende partecipe dell’auto-produzione di numerosi servizi e segue quelle che sono le guide linea tanto auspicate anche a livello comunitario dell’affidamento alla collettività della gestione di servizi pubblici e della creazione di beni comuni (promuovendo, in un noto termine, la ‘big society’), il corretto funzionamento di queste organizzazioni non può prescindere da un meccanismo di governo efficace ed efficiente.

Dati i numerosi interessi in gioco e le diverse tipologie di esponenti della cittadinanza interessati alla produzione di alcuni servizi, il governo dell’impresa non può che essere inclusivo. Non solo quindi promuovere gli interessi di più stakeholder esterni, ma coinvolgere gli stakeholder stessi nel governo dell’impresa, nel suo processo decisionale, nella condivisione di obiettivi comuni, secondo quello che è il meccanismo di aggregazione volontaria definito dal concetto stesso di cooperazione. Una base sociale democratica, quindi, in cui siano soci più portatori di interesse, prendendo la forma della multi-stakeholdership.

Gli esempi più noti ed identificabili di base sociale multi-stakeholder (e di governo multi-stakeholder, guardando anche all’eterogeneità di stakeholder nel consiglio di amministrazione) sono certamente quelli delle cooperative sociali. Due terzi circa delle cooperative sociali italiane annoverano nella loro base sociale - accanto ai lavoratori – anche volontari, lavoratori svantaggiati, talvolta utenti, altre organizzazioni nonprofit o enti pubblici. La letteratura ha dimostrato la capacità delle imprese sociali multi-stakeholder di affermarsi sempre di più nello scenario economico 3 nonché dei vantaggi di quegli assetti di governance basati sulla democraticità, sull’elevata partecipazione, sulla comunicazione trasparente di obiettivi comuni e su un’efficiente gestione dei rapporti 4. Le analisi teoriche 5 hanno affermato che un assetto proprietario multi-stakeholder garantirebbe un miglior rapporto con la comunità locale, accrescendo la capacità di attrarre risorse finanziarie ed umane; faciliterebbe la trasmissione e la raccolta di informazioni, migliorando la capacità di individuare e soddisfare la domanda locale; diffonderebbe senso di fiducia e condivisione della mission, rafforzando i comportamenti collaborativi delle varie parti.

Recenti analisi empiriche condotte sulle cooperative sociali 6 ci permettono di rilevare le peculiarità di questo modello, anche in analisi comparata con quelle cooperative che, pur attive nello stesso settore e produttive di servizi sociali, hanno optato per una base sociale ed un consiglio di amministrazione composti da soli lavoratori. Se non è possibile affermare che le cooperative sociali multi-stakeholder siano più delle altre attente alle ripercussioni sociali delle loro attività e se il management risulta sempre promotore della cosiddetta stakeholder society - cercando di massimizzare il benessere dei singoli, ma facendo convergere gli interessi verso un obiettivo comune più che individuale – è vero tuttavia che la gestione delle organizzazioni multi-stakeholder presenta i forti tratti dell’azione per e con il territorio. Grazie alle politiche di coinvolgimento diretto e alla comunicazione diffusa tra l’organizzazione ed il suo territorio, le multi-stakeholder attraggono mediamente più risorse sia umane che finanziarie dalla propria comunità: la presenza di volontari è alquanto diffusa, il capitale sociale sottoscritto tende ad essere mediamente più elevato, sono leggermente superiori alla media anche le donazioni ed i lavoratori sono pienamente coinvolti e intrinsecamente motivati al loro lavoro. Una sinergia tra risorse umane e capitali che permette soprattutto di avere un maggior impatto sociale sul territorio. Le risorse presenti nelle cooperative sociali mutli-stakeholder permettono infatti di produrre più beni e servizi, che spesso vengono erogati alla comunità in modo gratuito o semi-gratuito ed aggiuntivo rispetto ai servizi principali della cooperativa. La partecipazione della cittadinanza al governo aumenta, in sintesi, quella che si definisce la funzione distributiva della cooperativa e produce un importante circolo virtuoso che produce la valorizzazione delle risorse che provengono dalla comunità con azioni solidali e per obiettivi condivisi e tornano alla comunità con servizi e benessere sociale.

E’ questa una importante dimensione dell’impatto sociale che le cooperative possono produrre grazie al coinvolgimento attivo della cittadinanza. Ecco perché essa non deve appartenere soltanto alle cooperative sociali o alle cooperative di comunità. La cooperazione tutta può e deve essere portatrice di interessi diffusi e strumenti per il soddisfacimento di bisogni emergenti; può e deve, in questi anni di crisi, rafforzare la sua funzione sociale come impatto sociale sul territorio. E per farlo deve cercare nelle sue modalità di gestione e di governo modelli flessibili e inclusivi, che la portino ad essere sempre più l’organizzazione della comunità per la comunità.


Sara Depedri

1- Magliulo A. (2010) “Gli economisti e la cooperazione” in Bagnoli L. (ed.) La funzione sociale delle cooperative. Teorie, esperienze e prospettive, Carocci, pp.21-57
2- Bitossi S. (2010) “La funzione sociale e la promozione della cooperazione nella legislazione regionale italiana” in Bagnoli L. (ed.) La funzione sociale delle cooperative. Teorie, esperienze e prospettive, Carocci, pp.105-124
3- Ben-Ner A. and Gui B. (2000) “The Theory of Nonprofit Organizations Revisited” in Anheier H.K. and Ben-Ner A. Advances in Theory of the Nonprofit Sector, Kluwer, Plenum, New York
4- Ostrower F. and Stone M.M. (2006) “Governance, Research Trends, Gaps and Future Prospects”, in Powell W.W. and Steinberg R., The Nonprofit Sector. A Research Handbook 2, Yale University Press, New Haven
5- Borzaga C. and Mittone L. (1997) “The multi-stakeholder versus the nonprofit organisation”, Discussion paper n.7, Dipartimento di Economia, Trento
6- Borzaga C. and Depedri S. (in corso di pubblicazione) “Multi-stakeholder governance in Civil society Organizations” in Laville J.L., Yound D. and Eynaud P. (eds.) Civil society, the third sector and social enterprise. Governance and Democracy, Taylor and Francis


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