Una delle parole più usate in questi ultimi anni è, senza ombra di dubbio, “cambiamento. Per la cooperazione, a mio parere, in questa fase storica, cambiamento deve significare “riscoprire sé stessa”, ovvero, riattualizzare la propria funzione sociale. Per questo occorre aumentare la capacità di lettura e analisi delle prospettive evolutive della società, dei suoi bisogni e della nuova “domanda” a cui la cooperazione deve necessariamente rispondere.
In quest’ottica si dovrebbe maggiormente approfondire lo studio delle nuove sfide imposte dal cambiamento socio-economico che interessano e coinvolgono la cooperazione in alcune tematiche chiave come, ad esempio, la nuova imprenditorialità, l’evoluzione dei modelli di welfare, la produzione e la gestione dei beni comuni, l’ambiente e la sostenibilità, ecc.
All’interno di questa prospettiva, ancora più importante sarà mantenere vivo lo studio della storia, della tradizione e dei principi fondanti il movimento cooperativo in grado di indirizzare le nuove generazioni di cooperatori e i nuovi gruppi dirigenti.
In altre parole, una delle priorità che il movimento cooperativo italiano deve affronatre ora e nel prossimo futuro è la formazione del suocapitale umano, sia per preservare l’identità cooperativa, che per affrontare l’evoluzione del contesto in cui le cooperative operano, introducendo elementi di innovazione e sviluppo strategico.
I percorsi formativi rivolti ai cooperatori, infatti, potranno e dovranno essere pensati sia come strumenti in grado di migliorare e sviluppare il modello cooperativo e la relativa struttura organizzativa, attraverso la diffusione e l’accrescimento delle competenze richieste, sia come elementi strategici volti ad avviare un processo di riconversione e aggiornamento delle competenze. (cd. change management).
Queste riflessioni accompagnano da sempre la storia delle cooperative e, allora, anziché riscrivere nuove argomentazioni, può essere più utile rinfrescare la nostra memoria rileggendo, per riproporcelo, il Rapporto “Laidlaw” al Congresso dell'Alleanza Cooperativa Internazionale che si tenne a Mosca nel 1980.
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“ Si trascura l'educazione
Si riconosce ampiamente che la mancata educazione è un fatto largamente
diffuso in tutto il movimento cooperativo della maggioranza
dei paesi, e possiamo con una certa sicurezza dire che la maggior parte
dei sistemi cooperativi, eccetto che in alcuni paesi del Terzo Mondo,
è colpevole di omissione a questo riguardo. In molte cooperative
la questione dell'educazione è stata soprattutto l'entusiasmo del primo
momento: un'attività intensa e un grande interesse iniziali che però
sono andati gradualmente declinando. Mentre il mondo economico
entra nell'era cibernetica, in molti posti l'educazione è ancora ferma in
una sorta di età della pietra. Sono poche le cooperative che possono
dire che le spese per l'educazione sono cresciute con lo stesso ritmo
della crescita economica, e poche quelle i cui programmi educativi
hanno lo stesso vigore di una trentina di anni fa. Si è di solito molto
attenti alla necessità di accumulare riserve con cui fare fronte al rinnovo
delle attrezzature, ma spesso non si fa nulla per far fronte ad
aggiornamenti di un altro tipo, quello delle capacità umane. Una prossima
generazione di soci non riuscirà a capire che cosa è una cooperativa,
o perchè è sorta la cooperazione. Goethe ha detto: «Non si possiede
ciò che non si comprende».
In linea generale, non si può negare che l'educazione è stata danneggiata
dal fatto che è stata lasciata nelle mani del management, con
cui non ha niente a che fare. La responsabilità primaria, nel campo
dell'educazione, deve spettare al consiglio di amministrazione, ed il dipartimento
educazione o il personale insegnante dovrebbero avere un
rapporto diretto con la direzione. E l'educazione è una funzione specifica
che un presidente troppo impegnato di lavoro può delegare ad
un vice-presidente. In primo luogo, naturalmente, è compito del consiglio
stanziare un fondo per l'educazione, non attingendolo dagli utili
in modo discontinuo, ma come una funzione continua e permanente
della cooperativa. Nel secolo scorso, il grande economista politico J.
S. Mill disse: «L'educazione è un fatto desiderabile per l'intero genere
umano; per i cooperatori, è una necessità di vita».
Ma il quadro non è totalmente scoraggiante, e il fatto che l'educazione
sia trascurata, sebbene sia abbastanza vero, non è tuttavia generale:
resta una buona percentuale di cooperative, in tutti i paesi, in cui
programmi educativi ricchi di inventiva continuano a produrre frutti, e
cioè organizzazioni dinamiche, dirigenti capaci, e soci bene informati.”
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Franco Marzocchi
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