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25 - Il futuro di valore è nel valore dell’identità: una grande opportunità per l’autoimprenditorialità in cooperativa

Postato il 16 Novembre, 2014 da Alessandro Ramazza

logo Mentre lo spread finanziario è stabile o in discesa, il differenziale in termini di occupazione fra Italia e Paesi comparabili è in costante ascesa.

Fenomeni quali la jobless growth o la jobless recovery, di per sé negativi, per la nostra situazione attuale sono paradossalmente un obiettivo ancora lontano: per conseguirli dovrebbe quanto meno arrestarsi la caduta della produzione, o riavviarsi il recupero dell’intensità di occupazione.


Due studi  della Fondazione Obiettivo Lavoro, il III Rapporto sul Mercato del Lavoro e il Progetto Petroleum, convergono ad indicare come la via maestra risieda nel recupero innovativo della nostra identità più profonda.


Investire in innovazione di prodotto e processo, in Italia, non paga quanto negli altri Paesi sviluppati.

Le imprese italiane ad elevato contenuto tecnologico e di conoscenza non sembrano avere alcun premio in termini di elasticità di occupazione rispetto alle imprese caratterizzate da un contenuto tecnologico e di conoscenza inferiore.

Questi risultati contrastano con l’evidenza empirica degli altri sistemi economici, in particolare di quello USA.


Fra le numerose peculiarità critiche del nostro Paese questa è probabilmente la più amara da rilevare e la più ardua da risolvere.

Ma una via per affrontarla, delimitarla e superarla esiste: investire in qualità e potenziale del personale quali generatori degli output produttivi a miglior valore aggiunto.


Questa è, in sintesi, la lezione che emerge dalla terza edizione del “Rapporto sul Mercato del lavoro” promosso dalla Fondazione Obiettivo Lavoro.

E’ una lezione di valenza strategica, che riporta l’attenzione sui fondamentali della produzione di beni e servizi secondo la miglior accezione dell’identità italiana: creatività, motivazione, innovazione.


Si tratta di categorie di comportamento attivate dalle persone e rese disponibili al sistema-Paese in una logica che le vede come principio trainante e non come fattore trainato, rispetto ai processi ed ai prodotti conseguenti.


Applicare queste qualità all’identità “profonda” italiana può portare ad una sinergia con potenzialità che crescono in proporzione geometrica.


Siamo le opportunità, e non le regole, a sviluppare l’occupazione e l’occupabilità.

La nostra opportunità principale è intorno a noi e dentro di noi:



  • Una popolazione di 6 milioni di giovani fra i 15 e i 34 anni.

  • Il più grande patrimonio storico e culturale a livello mondiale, con 3.430 musei, 2.100 aree e parchi archeologici, 47 siti Unesco.

  • Una economia turistica e culturale che  produce più di 200 miliardi di euro, il 13% del PIL nazionale.

  • Un fatturato del segmento del turismo culturale che  colloca l’Italia in coda rispetto a Regno Unito, Germania, Francia, Spagna.


Dall’incrocio di questi macro-dati  emerge una grande opportunità di respiro strategico, che diventa rapidamente realizzabile, a risorse correnti, finanziando lo start-up con fondi pubblici.

Arte, cultura, siti ambientali, turismo, eno-gastronomia sono i driver in grado di trasformare un patrimonio oggi economicamente silente nella chiave in grado di aprirci una nuovo qualità del futuro.

I giacimenti culturali ed ambientali - il nostro “petrolio”- non sono delocalizzabili; i giovani e le loro prospettive di vita ed autorealizzazione – il nostro “carburante” – possono essere trattenuti e valorizzati in Patria.


Attorno a questa piattaforma di ragionamento e di opportunità è possibile far convergere risorse (non solo finanziarie) di dimensioni significative, attingendo con progetti credibili a disponibilità pubbliche altrimenti spesso inutilizzate.


Si pensi in primo luogo ai Fondi strutturali di titolarità comunitaria come il FSE e il FESR.


Ad essi si aggiungono le disponibilità e gli orientamenti di investimento della Cassa Depositi e Prestiti, ad esempio il Fondo strategico destinato in parte al rilancio del turismo e la riqualificazione di strutture pubbliche dismesse.


Infine, gli Enti Locali (Regioni, Province, Comuni) possono partecipare e contribuire allo sviluppo di queste opportunità mettendo a disposizione risorse del patrimonio pubblico da essi gestito: si pensi in primo luogo  alla significativa disponibilità di strutture inutilizzate e/o da riqualificare (da edifici scolastici in disuso ad ex-stazioni ferroviarie, e così via).


EXPO 2015 può essere il primo grande momento di questa inversione di tendenza.


Lo start-up delle nuove attività può avvenire, in via privilegiata ma non esclusiva, in forma di nuove cooperative giovanili. Potrebbe così crearsi una nuova generazione di cooperative costituite da giovani, che avrebbero anche il ruolo di rinvigorire  e rinnovare il movimento cooperativo.


Con la Riforma Fornero le uscite dal mercato del lavoro per pensionamenti continueranno a calare nei prossimi 4/5 anni.

La permanenza di questa situazione non permette un ricambio degli occupati, a parità di numero totale dei posti di lavoro.


La permanenza di questa situazione determinerà uno stock di giovani disoccupati o inoccupati tra i 500 mila e il milione.

La situazione dunque ha una portata e dei volumi impressionanti, e potrebbe provocare effetti sociali assolutamente imprevedibili.


I giovani laureati e ancor più i diplomati italiani sempre più spesso risultano sotto-inquadrati, cioè ricoprono posizioni che tendenzialmente potrebbero essere occupate anche senza il titolo di riferimento.


A disposizione dei giovani, il Paese potrebbe mettere i suoi straordinari “giacimenti di ricchezza” che non sono esposti al rischio di esaurimento come le materie prime, e non sono riproducibili né delocalizzabili come accade invece per i prodotti dell’industria manifatturiera.


Il settore turistico-culturale presenta tassi di occupazione elevati (in media il 13% degli occupati totali): l’Italia vi impiega l’11,3% degli occupati totali, e si posiziona tra la Spagna, best performer con quasi il 20% degli occupati totali, e la Francia con il 13,3% del totale degli occupati.


L’impatto che si potrebbe realizzare con un forte investimento in questo settore sarebbe significativo. Sia in termini quantitativi che qualitativi.


Le ricerche che sono state effettuate indicano che un investimento di sette miliardi di euro in questo settore nei prossimi cinque anni potrebbe creare un milione e cinquecentomila nuovi posti di lavoro. Sono cifre consistenti, corroborate dalle caratteristiche di questi settori che sono ad alta intensità di lavoro. Inoltre gli investimenti si potrebbero realizzare rapidamente, e quindi essere temporalmente efficaci in termini di posti di lavoro creati.


Inoltre la qualità della nuova occupazione prodotta sarebbe particolarmente interessante. Si tratta di professionalità adatte a giovani che hanno seguito percorsi formativi che attualmente forniscono scarse possibilità di inserimento lavorativi: le lauree umanistiche, linguistiche, agroalimentari.

Inoltre, profili professionali del settore ristorativo, alberghiero, agricolo possono essere particolarmente adatti a giovani che hanno abbandonato il percorso scolastico o a coloro che né lavorano né studiano.


Gli effetti indotti dallo sviluppo del settore dei beni culturali si estendono potenzialmente all’intera Comunità, ricompattando l’identità attorno ad una idea di futuro dai benefici condivisi. Ad esempio:


  • un incremento di PIL di 100 euro nel settore culturale, ne genera 249 per il sistema economico, di cui 134 al di fuori del sistema culturale stesso;

  • ogni due posti di lavoro creati nel settore, ne generano uno in un settore diverso;

  • si registra anche un collegamento tra il settore culturale e l'industria manifatturiera, che beneficia di 62 euro di PIL ogni 100 euro di investimento, e di 0,13 unità di lavoro per ogni addetto in più nel settore cultura.

Alessandro Ramazza


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