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16 - Sfide per il 39° Congresso Legacoop

Postato il 20 Ottobre, 2014 da Mauro Lusetti

logo Un’indagine realizzata in settembre da SWG sullo status del Paese fotografa due indicatori che giudico per noi estremamente interessanti. Da una parte, infatti, tra i sentimenti dominanti gli italiani pongono sul podio disgusto, rabbia e tristezza. Appena l’11% degli interpellati parla di fiducia. Dall’altra quando si chiede loro che caratteristiche dovrebbe avere una società ideale gli aggettivi più votati sono rispettosa, sana ed equa. Tra la foto dell’oggi e ciò che si desidera per il futuro c’è – come risulta evidente – una distanza enorme.

Noi cooperatori siamo chiamati oggi ad occupare questo spazio. Abbiamo le carte in regola per essere tra quelli che prendono per mano il Paese e portano avanti questo cammino. Ciò che si dipinge come approdo, ciò cui si punta non è più, infatti, l’Italia dei furbetti e dell’egoismo sociale, che spopolava fino a pochi anni fa, ma un Paese che assomiglia a quello che da sempre noi vogliamo costruire, un tessuto economico e sociale in cui vivono i nostri valori. Una comunità rispettosa, sana ed equa.

È un’occasione che non possiamo perdere. A questo appuntamento le nostre imprese – è vero – arrivano acciaccate da tanti troppi anni di crisi. Abbiamo retto meglio degli altri gli urti della recessione: l’occupazione ha tenuto, abbiamo continuato a investire, non siamo scappati all’estero. Ma ormai, per tante cooperative, soprattutto in alcuni settori, le energie sono agli sgoccioli. Davanti a queste difficoltà chiudersi per cercare di ritrovare internamente equilibrio e prospettive sarebbe, però, tanto comprensibile quanto sbagliato.

Questo è il momento, infatti, per essere forti dei nostri valori e trovare il coraggio per cercare insieme nuove strade per farli vivere. Ridando così fiato alle cooperative in crisi ed impegnandoci per sostenerne di nuove. Chi ci ha preceduto, all’inizio del secolo scorso o nel secondo dopoguerra, ha incontrato e superato difficoltà ben più consistenti delle nostre. È al loro impegno e alla loro determinazione che dobbiamo guardare per giocare fino in fondo il nostro ruolo all’interno del Paese. Possiamo farlo perché davvero tanti sono i segnali che testimoniano oggi il nostro valore.

Là dove un’impresa fallisce, noi ci siamo, con i workers buyout che continuano e vanno avanti, nonostante tutto. Là dove lo Stato si ritira noi ci siamo, aprendo nuove strade al welfare della sussidiarietà così come sperimentando, ad esempio, le cooperative di comunità, dove chi è sempre stato fruitore di un servizio ne diventa anche produttore. Dove imprese sono sottratte alla malavita, noi ci siamo, per dimostrare con i fatti che legalità e lavoro, futuro e rispetto delle regole possono crescere insieme.

Tutti questi segnali positivi, insieme all’attualità dei nostri valori, possono trovare oggi nuova forza nel cammino che ci condurrà all’Alleanza delle Cooperative Italiane come associazione unica e unitaria dei cooperatori e delle cooperatrici. È un obiettivo che orienterà anche nelle prossime settimane il cammino di Legacoop verso il 39° Congresso, ma non dovrà mai essere una meta calata dall’alto. Sono, infatti, i cooperatori e le cooperatrici che devono iniziare a costruire concretamente l’Alleanza.

Per noi è una scelta strategica fondamentale. Si dice, ed è vero, che i corpi intermedi della società – dai partiti alle associazioni – sono in crisi. È una difficoltà strutturale, da cui non usciremo rivendicando spazi ai tavoli della concertazione, che è e deve proseguire, ma non è più sufficiente. Non possiamo limitarci a rivendicare. Noi, costruendo l’Alleanza, scegliamo di non restare ancorati al passato, di non limitarci a tentare di preservarlo, ma ci apriamo al futuro, per trovare la nostra legittimazione nella capacità di fornire risposte efficaci alle imprese e alle persone che le costituiscono.

Per farlo dobbiamo lasciarci alle spalle le dicotomie che spesso hanno frenato la nostra azione. Non si tratta di contrapporre la forza sul mercato ai valori, oppure cooperative piccole a grandi gruppi cooperativi. Non dobbiamo procedere con la testa girata verso il passato. E se guardiamo avanti comprendiamo come la sfida sia trovare, insieme, forme nuove per far vivere i valori rendendoli un patrimonio concretamente spendibile per il bene e per il futuro del Paese. Questo tentativo, questo impegno sono oggi la nostra responsabilità.


Mauro Lusetti
Presidente Legacoop



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3 Commenti
  1. Lanfranco Turci on 28/10/14

    Diciamo che oltre a tutte le difficoltà interne non giova molto alla percezione della specificità del Movimento Cooperativo vedere il suo ex-presidente impegnato nella destrutturazione del mondo del lavoro all'interno del Governo Renzi

  2. Alfredo Morabito on 22/10/14

    Proprio nell'attuale contingenza dobbiamo rilanciare un'antica tradizione cooperativa. Come dice Lusetti, dobbiamo pensare in grande alla promozionevdi nuove cooperative, che da piccole possano diventare medie e grandi, e rigenerare il tessuto cooperativo. In particolare in nuovi mercati e tra le giovani generazioni e in settori innovativi che abbiano potenzialitá di crescita sostenibile. È uno degli obiettivi di Coopstartup e le sperimentazioni in corso vogliono dimostrare che è un percorso possibile. Vai a www.coopstartup.it e potrai saperne di più.

  3. Antonio Zanotti on 21/10/14

    Difficile sottrarsi ad un commento all'intervento del Presidente di Legacoop, come difficile è non condividerne l'agenda: 1) ridare fiato alle cooperative in crisi; 2) impegnarsi a sostenerne di nuove.
    Ma una domanda è d'obbligo: con quali mezzi?
    Possibile che il Jobs act non avesse potuto tenerne conto, visto anche il parere del Comitato Economico Sociale Europeo pubblicato sulla GU del 29/6/2012?
    Mi soffermo però su un tema che potrbbe anche essere considerato secondario. Credo anch'io che ci sia (a livello mondiale) un nuovo interesse per l'esperienza cooperativa. Cito dal libro (grande!) di T. Piketty: "Più in generale, mi pare importante insistere sul fatto che uno dei grandi obiettivi del futuro è sicuramente lo sviluppo di nuove forme di proprietà e di controllo democratico del capitale ... Come abbiamo notato, esistono già ora molti settori di attività ... in cui le forme prevalenti di organizzazione di proprietà non hanno nulla a che vedere con i due paradigmi antitetici, del capitale puramente privato ... o del capitale puramente pubblico". Non si sta forse parlando anche dell'esperienza cooperativa? Peccato non avere invitato Piketty in Legacoop (ma non è mai troppo tardi!).
    Il pensiero neo-liberista si è imposto anche con un investimento culturale spaventoso (consiglio la lettura di Susan George - L'America in pugno). Sicuramente la cooperazione non dispone di mezzi minimamente paragonabili, ma non mi sembra tollerabile che in Italia sia possibile trovare pubblicazioni sull'esperienza delle imprese recuperate in Argentina e non esista una sola ricerca sulla CFI.

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